Pagine

martedì 5 marzo 2013

Caffè nero e rivelazioni



Un racconto a puntate, una serie di immagini e suggestioni, dal particolare al generale e viceversa, che diventano man mano una visione d'insieme. Una storia, in pratica, di Elvira Ferrara.
(continua da QUI)

Seduta al tavolino di un bar manda giù, a piccoli sorsi, caffè nero in tazza grande. C’è il sole, e, nonostante la temperatura rigida, stare fuori è piacevole. Ed eccola lì, seduta in una piccola stradina, poco frequentata, a godersi il sole invernale e il primo caffè della giornata.

Il tavolino alla sua destra è vuoto, mentre quello sulla sinistra è occupato da un anziano signore, che sembra dormire al sole e goderselo come solo lucertole e gatti sanno fare. Incurante del mondo, con una mano a tenere il bastone e l’equilibrio.

Lo guarda nascosta da grandi occhiali scuri. Lo guarda e prova una profonda tenerezza. Le ricorda qualcuno, la sua infanzia, una immensa casa, una voce roca. Le ricorda suo nonno, o almeno l’idea che ha di lui. Era troppo piccola per ricordarne bene i lineamenti, ma quei baffi le ricordano lui, così come i capelli bianchi e l’odore che la vita, la malattia e l’esperienza ti lasciano addosso. È l’odore di chi ha fatto così tanta strada da essere stanco. Aver camminato fino al punto di decidere di fermarsi.

Lo guarda nascosta da grandi occhiali scuri e pensa a suo padre. Un giorno, per quanto lontano possibile, suo padre avrà quell’aspetto, quell’odore, e forse con sé un bastone. Si domanda dove sarà lei. Sarà abbastanza vicina a lui? Riuscirà a sopportare i suoi dolori, le sue paure, i suoi umori?

Lo guarda nascosta da grandi occhiali scuri e le scende una lacrima. Si domanda se non stia sprecando il suo tempo lontano da tutti quelli a cui vuole bene.

Posa la tazza. Si passa una mano sulla guancia e cerca di cancellare con un colpo di spugna tristezza e lacrime.

Sa, non è poi così male essere vecchi. Probabilmente quelle lacrime non sono per me, ma sa, non si dispiaccia per lui. È una cosa che prima o poi tutti dovremo vivere, e avere accanto qualcuno che sta male per noi non aiuta. Se lo goda, il tempo. Si goda la famiglia, gli amici, il cibo e gli uomini. Si neghi solo quello che può farle veramente male, per il resto, viva senza aspettare troppo le persone. Aspetti i suoi sogni. Il resto si risolverà sempre e comunque...”.

Parla a occhi chiusi, senza distogliere lo sguardo dal suo personale buio. La mano ancora ferma sul bastone e la figura immobile. Una statua, se non fosse per le labbra che si muovono seguendo quelle parole e il loro messaggio.

Lei lo ascolta stringendo la tazza tra le mani, quasi a volersi proteggere da quel messaggero che si è fatto largo nella sua tristezza. Lo guarda nascosta, forse nemmeno così tanto, dai grandi occhiali e gli sorride.
Finisce il suo caffè senza rispondere. Posa la tazza. Guarda quell’uomo e lo ringrazia.

Un semplice grazie, quasi sussurrato. Tira su gli occhiali e guarda ancora una volta quell’uomo, questa volta senza nascondersi e senza nascondere le emozioni che si porta dietro. Lo ringrazia con un gesto altrettanto semplice, mettendo a nudo quello che le sta passando per la testa. Mettendo a nudo una delle sue paure più grandi. La perdita. La lontananza. L’amore.

Si alza. Entra a pagare il caffè e va via. Non sa ancora dove andrà a passare il resto della giornata.

Cammina fra la gente, con gli occhiali a coprire il rivolo nero lasciato dalle lacrime. Mani in tasca e pensieri
sparsi. Migliori dei precedenti.

(CONTINUA QUI)

Elvira Ferrara


"Pizzi chi?" è anche su Facebook e Twitter: seguici!

Nessun commento:

Posta un commento